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A fainò

È a fainò, “la farinata”, a rappresentare il simbolico cordone ombelicale che lega Carloforte alla “madre” Pegli. Un cordone che, nei secoli, non è mai stato reciso. La leggenda narra che tal Guglielmo, console genovese, si scontrò per mare con un barco saraceno, lo sconfisse, ne saccheggiò il carico – un’ottantina di giare di ceci – e fece ritorno, da vincitore, nel porto natìo.
Non potendo utilizzare i legumi macinati per impastare il pane e sfamare così la popolazione bisognosa, utilizzò i tondi scudi pagani per cuocere le prime torte salate. E da lì all’isola di San Pietro la storia è nota. La farinata è una pietanza tipicamente invernale, da assaporarsi nella sua versione classica o con le immancabili personalizzazioni (rosmarino o pepe nero a mulinello spolverato nell’impasto). La ricetta è semplice: acqua, farina di ceci – “del mulino di Pegli” ammonisce la signora Gisa con lo sguardo severo di una maestra –, lievito, un pizzico di sale e un filo d’olio. E qui le massaie si dividono – optando talune per  l’olio extravergine di oliva e le altre per un più leggero olio di semi di soia – salvo poi rappacificarsi immediatamente sulle quantità. Un filo, una pennellata appena percettibile. L’olio non deveungere, né ingrassare. Leggerezza sembra essere la parola d’ordine che mette tutte d’accordo. E giù di mestolo. Vengono schiacciati i grumi di farina, eliminata la schiuma che si forma in superficie. Poi il composto, la cui consistenza non deve essere né troppo solida, né troppo liquida, viene versato in un’ampia teglia circolare, di rame stagnato, infornata, cotta per circa quindici minuti e servita calda. La mano è fondamentale, così come, ovviamente, la qualità della farina. Ma il vero segreto sta nella teglia – altrimenti detta “testo”, dall’arabo aulico teestoh che, guarda caso, sta a significare “scudo” –, realizzata artigianalmente a Genova e sottoposta, ogni sei mesi, a equilibratura e ad altri interventi di manutenzione per eliminare dislivelli, gobbe e altre piccole asperità.
Perché la farinata, a Carloforte, come a Pegli, deve essere perfetta.

Articolo presente nella guida “Carloforte e l’Isola di San Pietro”

Commenti - 1

Vincenzo

Vincenzo

Lievito nella farinata??????? non credo proprio.

gennaio 22, 2019 12:16 pm Reply

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